L’Unione europea chiede la soppressione dello stato d’emergenza nel Paese e cita i casi di numerosi giornalisti e attivisti perseguiti, tra cui la “nostra” Nurcan Baysal
di Francesca Rizzo
Una mozione per chiedere l’annullamento dello stato d’emergenza, e il rispetto dei diritti umani calpestati in Turchia: è quanto prodotto dal Parlamento Europeo, che già da tempo si è schierato contro il governo turco e la repressione in atto nel Paese.
Un abuso di potere, che di fatto ha consegnato il Paese nelle mani del presidente Recep Tayyip Erdogan e sta inesorabilmente annullando qualunque forma di opposizione: è questo, anche secondo il Parlamento Europeo, lo stato d’emergenza che da quasi due anni vige in Turchia. Adottato dopo il tentato colpo di Stato del 15 luglio 2016, autorizza ancora oggi le forze di sicurezza a compiere una vera e propria epurazione contro gli oppositori. “Il Parlamento – recita il testo della mozione – condanna fortemente il tentato golpe del 15 luglio 2016, ma lo stato d’emergenza è usato attualmente per zittire i dissidenti e va ben oltre qualunque misura legale per combattere le minacce alla sicurezza nazionale”.
“La legge internazionale – ricorda l’Europarlamento – autorizza misure d’emergenza che siano necessarie e proporzionate nello scopo e nella durata, e che contrastino solo attacchi effettivi allo Stato”, mentre “le autorità turche hanno abusato delle misure straordinarie per imporre divieti assoluti, detenzioni arbitrarie e restrizioni alla libertà d’espressione e di riunione. (…) Secondo l’Osservatorio per i Diritti Umani, molte azioni legali sono state avviate in assenza di prove riguardo la partecipazione degli accusati al tentato colpo di Stato”.
Al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, Ceyda Karan e Nurcan Baysal avevano già parlato di quanto fosse difficile essere una voce fuori dal coro in Turchia. Ma il peggio sembra non conoscere un limite, e proprio Baysal, arrestata per terrorismo a causa di alcuni tweet, viene citata esplicitamente nel testo della mozione, insieme ad altri colleghi che, sempre più numerosi, continuano ad essere perseguiti senza una giusta causa: “L’inasprimento dei controlli sull’espressione di dissenso politico attraverso i social media – si legge nella mozione – continua. 573 persone, compresa l’attivista Nurcan Baysal e membri del Comitato esecutivo dell’Associazione dei Medici Turchi, sono state detenute per aver postato sui social media commenti critici nei confronti dell’azione militare ordinata dal governo nell’enclave siriana di Afrin”.
“Non è mai stato facile difendere la pace in Turchia – ha recentemente dichiarato Baysal – ma oggi è molto più difficile rispetto al passato. Noi organizzavamo incontri ai quali partecipavano rappresentanti di schieramenti opposti, persino nei periodi peggiori. Ma oggi non è possibile. Oggi, difendere la pace equivale ad essere terroristi. ‘Non dite una parola sulla pace. Applaudite la guerra’. Questo è quanto ci stanno dicendo”.
Ma i social media sono solo la punta dell’iceberg, un enorme iceberg, composto da redazioni censurate e persone zittite attraverso minacce o atti concreti: avversari politici, intellettuali, giornalisti, attivisti civili e persino magistrati, ai quali viene impedito di osservare la legge, quando non combacia con le volontà del governo. “Il sistema giudiziario – denuncia ancora l’Europarlamento – manca di indipendenza ed imparzialità; gli ultimi anni hanno visto l’estensione dei controlli verso l’operato della magistratura, l’arresto, il licenziamento e il trasferimento arbitrario di giudici e pubblici ministeri, oltre ai continui attacchi nei confronti degli avvocati: nel 2017 ne sono stati arrestati 47”.
“Circa un quarto di giudici e PM – si stima nella mozione – ossia più di 4000 di essi, sono stati licenziati, la maggior parte di loro sono stati arrestati e alcuni hanno subìto la confisca dei beni”.
E alla limitazione dei poteri di alcuni giudici fa da contraltare lo strapotere della polizia, autorizzata proprio dallo stato d’emergenza a compiere azioni straordinarie, comprese vere e proprie violenze: “Una serie di leggi, compresa la n. 6722 sulla protezione legale delle forze di sicurezza che partecipano alla lotta contro il terrorismo, adottata nel 2016, hanno creato un’atmosfera di ‘impunità sistematica’ per le forze dell’ordine”.
Gli arresti crescono di giorno in giorno: tra le accuse più frequenti, l’essere affiliati a organizzazioni terroristiche armate, il fare propaganda a favore di organizzazioni illegali come il PKK, il Partito dei Lavoratori Curdi, dichiarato fuorilegge, di aver offeso il Presidente (4187 persone sono state arrestate nel 2016 per questo, scrive l’Europarlamento citando statistiche ufficiali del Ministero della Giustizia turco) o la nazione turca (482 le cause aperte, secondo la stessa fonte).
Tanti, troppi, i giornalisti detenuti; più di 160 redazioni sono state costrette alla chiusura, e la Turchia, secondo Reporters senza frontiere, è diventata “la più grande prigione al mondo per gli operatori dell’informazione”. Non ci sono sconti per nessuno, neanche per i giornalisti stranieri.
“Secondo la Federazione europea dei giornalisti, in seguito al fallito golpe del 15 luglio 2016 almeno 148 giornalisti e scrittori sono ancora in prigione, la maggior parte dei quali detenuti senza accuse a carico; molti non hanno neanche diritto a un avvocato”. Il risultato? “L’atmosfera restrittiva e intimidatoria creata dall’ondata crescente di azioni penali verso giornalisti, scrittori, utenti dei social media e altri cittadini, compresi i più giovani, accusati di aver offeso il Presidente, ha portato all’autocensura”.
Alla luce di tutto questo, i parlamentari europei si dicono “seriamente preoccupati”, e rivolgono ad Erdogan l’appello perché lo stato d’emergenza sia messo da parte e si avvii una seria politica, in collaborazione con le stesse autorità europee, di contrasto ai terroristi.
Quelli veri, non chi ha come arma una penna.