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Raccontare il terrorismo, dando la propria testimonianza, il proprio punto di vista in un mondo che cambia rapidamente è mestiere sempre più difficile.
Quando scoppia il detonatore di un evento drammatico, come selezionare, “lato studio”, nel flusso comunicativo anche dei social, le notizie significative? Come gestire le notizie che arrivano dagli inviati, dalle agenzie, dai social network?
All’indomani del golpe in Turchia sono stati arrestati oltre 80 giornalisti; sono stati chiusi giornali, siti, emittenti radiofoniche e televisive.
La forma di giornalismo “embedded”, nata nel 2003, ha un limite: permette al giornalista di raccontare la guerra dal punto di vista del soldato.
In un sistema dell’informazione in grado di saturare ogni spazio e sovraffollarlo di stimoli, come raccontare e far “vedere” l’orrore della guerra senza ricorrere alle immagini?
Come è cambiato il mestiere dell’inviato? Qual è il ruolo dell’inviato nell’era dei social media? Conta ancora avere “cuore” e “fiuto”, quando tutto corre veloce e ammassato sui social netowrk? Il giornalista, è sempre “in servizio”?
Il giornalismo delle donne a difesa dei diritti delle donne.
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