Si è conclusa l’ottava edizione del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo che ha visto confrontarsi 80 giornaliste, attiviste e ricercatrici italiane e straniere. Al centro del dibattito: l’intelligenza artificiale, la violenza di genere e i conflitti in Medio Oriente
Il futuro dell’informazione nell’era dell’intelligenza artificiale (AI) è stato il tema principale dell’ottava edizione del Forum of Mediterranean Women Journalists, che dal 2016 si svolge nelle aule dell’Università degli Studi di Bari.
Ottanta tra giornaliste, attiviste della società civile, rappresentanti delle istituzioni, accademiche, ricercatrici, provenienti dai paesi del Mediterraneo si sono confrontate sul leit motiv scelto per
l’edizione 2023 del Forum, “WOmaNchine learning. Virtuali, aumentati, artificiali. Nuovi mondi a portata di prompt”. Sedici ore di formazione, 32 crediti deontologici per i giornalisti, crediti e tirocini formativi per studenti universitari, e la presenza, per la prima volta, degli studenti dei licei di Bari e provincia.
Il sostegno del Rettore di UNIBA
“Siamo presi da un’affascinazione tecnologica, ma non siamo concentrati sul governo della tecnologia, inteso anche come governo dell’accesso alla tecnologia”, ha detto il rettore dell’ateneo
barese, Stefano Bronzini, in occasione della prima giornata di lavori del Forum. “La formazione alla tecnologia è quella che creerà una oligarchia definitiva e sono sempre di meno coloro i quali avranno accesso alla conoscenza, se non interveniamo”, ha aggiunto ricordando quando sia fondamentale il ruolo dell’Università.
“Svolge il compito di formazione, incontro, dialettica, dibattito e ricerca dei temi, ma non bisogna dimenticare che oggi si fugge dalle università statali a favore delle private, telematiche e non. Forse noi dell’università abbiamo disimparato a fare domande banali, a chiederci il perché delle cose. Le università, invece, devono interrogarsi su come costruire il futuro. La fragilità che ci sta intorno, che è una crisi identitaria di sistema, ha prodotto un’Istituzione che ha regole aziendali e che ha difficoltà a farsi chiamare Istituzione. Se l’università statale, all’interno del disegno costituzionale, non viene difesa, da sola non ce la fa, non per difficoltà economiche, ma perché si incontra con generazioni di studenti che hanno un senso del tempo che può diventare anche tragico. Persino nel non rispetto della vita, perché i ragazzi sono in un eterno presente, non pensano che le azioni che facciamo oggi hanno una ricaduta nel futuro. Come università abbiamo bisogno di voci diverse, colorate, esplicite, che diventino coro e che all’unisono difendano la riqualificazione dei luoghi nella loro identità, tonalità diverse, ed è per questo che abbiamo favorito le voci delle donne e momenti di incontro come il Forum”, ha concluso il rettore Bronzini.
Le testimonianze delle giornaliste
Il ruolo dell’università sul piano dell’informazione è stato sottolineato dalla presidente emerita di Giulia Giornaliste, Silvia Garambois: “L’intelligenza artificiale ci è cascata addosso, ma non potrà arrivare lì dove ci sono i giornalisti. Stiamo lavorando con le università per l’informazione, diritto costituzionalmente garantito”, ha ricordato. “Di recente abbiamo chiuso con La Sapienza un accordo per un osservatorio indipendente sui media per un linguaggio contro la violenza”.
Il ruolo delle redazioni è stato illustrato da Barbara D’Amico, Digital journalist: “Sono piccoli baluardi in grado di affrontare i cambiamenti in atto attraverso figure professionali diversificate,
integrate e inclusive per essere aderenti alla realtà e dialogare con le comunità”. Il ruolo di supporto dell’intelligenza artificiale è stato illustrato da Darya Majidi, imprenditrice digitale italo-iraniana, ambasciatrice per l’Italia di Women in AI, computer scientist, CEO, founder ed owner della Daxo Group, società di consulenza strategica e di formazione di digital transformation e Founder e presidente della Associazione Sociale Donne 4.0., supporta l’empowerment digitale delle ragazze e delle donne a livello nazionale e internazionale: “Il problema è il gender gap in alcune materie perché vengono raccontate male. Se vogliano essere protagoniste, dobbiamo cogliere le novità nei nuovi lavori”. In ultimo ha fatto riferimento al femminicidio di Giulia Cecchettin: “Spero che possa scuotere le coscienze”.
Per Rania Wazir, matematica, data scientist, co-founder and CTO of leiwand.ai, The invisibles of AI: “L’intelligenza artificiale non esiste da sé, ma ci sono persone che hanno programmato il sistema. La creatività, quindi, appartiene a noi”.
Il tema del giornalismo digitale per bambini è stato affrontato da Iris Luarasi, docente presso il Dipartimento di Giornalismo dell’Università di Tirana, Former Presidente del GREVIO, gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica: “Nell’era digitale ci sono opportunità e sfide per i bambini sul piano del loro canale cognitivo che hanno la possibilità di contenuti partecipativi. Ma bisogna affrontare i rischi legati alla disinformazione, al cyberbullismo, con gravi conseguenze sul piano psicologico, per cui il ruolo dei genitori è molto importante e delicato, e alla privacy”.
La strage silenziosa del popolo curdo è stata riportata dalla giornalista e documentarista curda Berfin Ergin, che nella sua lingua madre, il kermanji, ha raccontato la tragedia della più grande diaspora del mondo euro-mediorientale, su cui i media non fermano mai lo sguardo.
Il conflitto israelo-palestinese
La terza giornata del Forum si è aperta con un confronto dialettico tra il mondo accademico e quello giornalistico, che ha messo in relazione gli studi sulla decolonizzazione con le prassi
dell’informazione. È emersa la difficoltà di decostruire un sistema massmediale androcentrico e occidentalocentrico, che affonda le sue radici nel passato ma che rinnova nel presente una narrazione femminile sempre fortemente asimmetrica rispetto a quella maschile e stereotipata.
L’ottavo ultimo panel è stato il più partecipato, dato il tema di grande attualità, con oltre 100 partecipanti tra studenti, giornalisti e persone interessate al conflitto israelo-palestinese.
Il dibattito intitolato “Mediterraneo: no more Nakba/Shoah” ha visto l’intervento di Francesca Albanese, Special rapporteur Onu sui territori palestinesi occupati. Albanese ha sottolineato come occorra “riscoprire il concetto di solidarietà nel suo senso essenziale, intimo. Perché quello che sta succedendo in Palestina è la metafora di quello che sta succedendo nel sud del Mondo tra l’indifferenza della comunità internazionale”.
Significativo l’intervento di Alba Nabulsi della testata New Arab: “I giornalisti sono da sempre coloro che svolgono un ruolo di testimoni, raccontano quello che vedono, hanno mezzi per far udire quello che vedono. In questi giorni – ha spiegato la cronista di origini palestinesi – abbiamo dei nuovi influencer nel popolo palestinese. Non sono cantanti, ballerini, professori, celebrità in senso stretto, ma lo stanno diventando perché sono fra le voci più forti, preziose e più a rischio per essere stati capaci di documentare quello che si compie davanti ai loro occhi. Gli ultimi dati parlano di 63 giornalisti palestinesi e libanesi morti, altrettanti vessati e torturati”.
Estremamente documentati gli interventi di Luciana Borsatti, giornalista esperta di Iran e Medioriente, e dei professori di Uniba Giuseppe Spagnulo e Luigi Cazzato (che ha anche moderato l’evento).
Grande commozione per gli interventi di Maya Issa, presidente del movimento della diaspora dei giovani palestinesi in Italia e del cantautore Nabil Salameh, fondatore dei Radiodervish.
La prassi della “restituzione”
Al termine delle giornate di ciascun Forum, viene consegnato alla comunità un risultato concreto che, sin dal 2016 viene poi inviato a Unesco, Osce, Amnesty International, Anna Lindh foundation
e Reporter Sans Frontieres. In ambito nazionale i risultati dei FMWJ sono stati inviati alla Camera dei Deputati (con la presidenza Boldrini), all’Accademia della Crusca, Associazione Articolo 21, Ossigeno per l’Informazione, USIGRai, all’Archivio di Genere dell’Università degli Studi di Bari, al Centro di ricerca S/murare il Mediterraneo di Uniba e Centro Studi Osservatorio donna presso l’Università del Salento.
Nella prima edizione del 2016 è stato firmato il protocollo d’Intesa tra Regione Puglia, associazione Giulia Giornaliste, Ordine dei giornalisti di Puglia, Assostampa e le principali testate regionali pugliesi, per l’utilizzo del linguaggio di genere nei giornali, nelle tv, nelle radio, nei documenti della Pubblica amministrazione, redatto da Giulia giornaliste in collaborazione con la Consigliera di parità, UniSalento e UniBa.
Nella seconda edizione sono stati presentati il “Manifesto di Venezia” e il relativo libro sul linguaggio della violenza di genere.
Nel 2018 è stata lanciata la “banca dati delle 100 esperte”, un elenco di cento donne competenti nelle materie Stem, disponibili a partecipare ai talk show per evitare la sotto-rappresentazione
femminile in televisione.
Nella quarta edizione sono state presentate la “Carta di Assisi” per un giornalismo etico e la pubblicazione “Media donne e sport”, due nuove linee guida per l’applicazione della deontologia professionale nella pratica giornalistica.
Protagonisti della quinta edizione, i risultati del monitoraggio sull’impatto dello smart working delle giornaliste sul livello della libertà d’espressione e informazione durante il lockdown in Italia. È stato anche presentato il primo monitoraggio nazionale sulle minacce di genere subite dalle giornaliste, realizzato da Ossigeno per l’Informazione su input del Forum.
L’edizione del 2021 è stata organizzata in collaborazione con Fondazione Pangea Onlus: è stato articolato in 30 panel, con 60 ore di formazione e la partecipazione di 120 tra giornaliste, attiviste, accademiche, provenienti dai paesi euromediterranei. Tutte le idee sviluppate nel corso dei lavori sono state raccolte in un documento chiamato “Manifesto di Taranto”, città scelta perché ritenuta il simbolo della transizione ecologica, dello sviluppo sostenibile e possibile, non più teatro di scempio ambientale e morte.
Nella settima edizione questo imponente lavoro di networking ha prodotto la redazione di tre position paper sull’Agenda DPS-WPS rispetto alle tematiche proposte dal Forum Donne Pace e Sicurezza, ossia i conflitti ideologici, sociali, politici, religiosi, ambientali in tre aree di crisi: Afghanistan, Ucraina, Sahel. I position paper sono poi stati divulgati sui tavoli internazionali per la cooperazione e la pace.
Il risultato concreto dell’ottava edizione
E siamo ad oggi: l’ottava edizione ha consegnato alla comunità una “Call for paper” sui temi del “WOmaNchine learning”: una chiamata alla riflessione, alla ricerca, al confronto che confluirà in una pubblicazione monografica che sarà presentata nel corso della prossima edizione del Forum.
“L’intelligenza artificiale ha lanciato una sfida al giornalismo e al settore della produzione di conoscenza: ecco perché il nostro titolo “WOmaNchine learning” esprime il nostro intento di allargare a letture e sguardi “altri” e non maggioritari sulla realtà, intersecando tutte le minoranze”, ha detto Marilù Mastrogiovanni, fondatrice e direttrice del Forum. “La radice della violenza di genere è la cultura patriarcale che infetta ogni aspetto della vita di donne e uomini, ed è per questo che se la cultura patriarcale è il virus che determina la violenza di genere, momenti come il Forum sono l’antidoto, noi siamo l’antidoto. Donne e uomini che mettono in atto una rivoluzione gentile, che non fa rumore solo un giorno l’anno, ma che come la goccia che scava la roccia giorno dopo giorno, provano a scavare quotidianamente dal basso il muro dell’oppressione, a cominciare da quella di genere”.