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Il nome e il volto dei mandanti e degli esecutori dell’assassino di Ilaria Alpi e Milan Hrovatin sono ignoti, dopo quasi 23 anni dalla loro morte.
Assolto per non aver commesso il fatto Omar Hashi Hassan, l’unico capro espiatorio che per tutti i 16 anni trascorsi in carcere, ha sempre gridato la sua innocenza.
Così, almeno una verità sulla morte dell’inviata del Tg3 e del suo operatore è venuta fuori, soprattutto grazie al lavoro giornalistico della redazione di “Chi l’ha visto”, che con le sue inchieste ha fatto riaprire il caso.
“Chi l’ha visto” ha rintracciato infatti uno dei due testimoni su cui l’accusa aveva basato l’ipotesi di colpevolezza di Hashi. Ahmed Ali Rage, detto Gelle, sparito nel nulla per anni, alle telecamere di “Chi l’ha visto” ha raccontato un’altra verità, quella di una testimonianza pilotata, mai verificata, eppure presa per buona.
L’assoluzione di Omar Hashi Hassan riapre una serie di interrogativi: non solo chi e perché ha decretato la morte dei due giornalisti, ma anche chi e perché ha pilotato e depistato le indagini per spegnere i fari sulla verità.
L’inviata di guerra Ilaria Alpi è morta perché faceva il suo mestiere. Evidentemente fin troppo bene.
Si può, ancora oggi, morire per questo?
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