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Chi siamo

Il Forum è nato dalla giornalista Marilù Mastrogiovanni ed è organizzato da Giulia Giornaliste e dalla cooperativa IdeaDinamica, con l’obiettivo di “creare ponti, abbattere muri: promuovere una riflessione sul giornalismo delle giornaliste investigative, come presidio di Democrazia, dunque di Pace”.

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Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’Informazione è intervenuto nel corso della seconda giornata del Forum of Mediterranean women journalists, il 22 Novembre a Bari.

 

Con una piattaforma di collaborazione professionale e una rete internazionale di solidarietà. L’annuncio a Bari, al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo

Questo intervento di Alberto Spampinato è stato pronunciato il 22 novembre 2019 a Bari al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo.

Di fronte alle numerosissime intimidazioni e minacce che impediscono ai giornalisti di fare il loro lavoro, o lo ostacolano gravemente, Ossigeno per l’Informazione segnala una inderogabile necessità: quella di rafforzare le reti di solidarietà esistenti. Inoltre Ossigeno avverte l’esigenza di una maggiore unità fra le numerose organizzazioni che difendono la libertà di stampa e il diritto all’informazione.

Dobbiamo trovare il modo di agire in modo di agire in modo sinergico se vogliamo contrastare il vasto e potente fronte dei difensori di questo status quo in cui il 90% delle violenze e degli abusi contro i giornalisti rimane impunito.

Per quanto riguarda la sua attività, negli ultimi mesi Ossigeno ha ritenuto opportuno impegnarsi per creare una rete internazionale di solidarietà specifica per le giornaliste di inchiesta. Questa nuova rete si propone di di sostenerle offrendo loro strumenti di collaborazione professionale e un concreto sostegno a quante di loro subiscono minacce e intimidazioni. Perciò insieme a Marilù Mastrogiovanni, organizzatrice con Giulia Giornaliste del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, Ossigeno ha elaborato un progetto per produrre più “ossigeno” per queste giornaliste, che sono i soggetti più deboli, sia in quanto giornaliste sia in quanto donne.

Noi inoltre chiediamo a tutti coloro che difendono la libertà di stampa e hanno a cuore la sicurezza dei giornalisti, di fare un passo avanti, perché la perdurante gravità dei fatti lo richiede.

Nell’ultimo mese, fra ottobre e novembre 2019, in Italia altri tre giornalisti italiani sono stati messi sotto scorta a causa di minacce di morte. Con loro, adesso in Italia i giornalisti sotto scorta sono 25. Altre centinaia sono protetti dalle forze dell’ordine per lo stesso motivo. Altre migliaia ogni anno devono difendersi da querele pretestuose e infondate. E ci sono punte di estrema gravità, come l’aggressione del 14 novembre in Campania contro il giornalista Mario De Michele, che è stato il bersaglio di una sparatoria e ha rischiato di essere ucciso. Altri gravissimi episodi si sono verificati negli anni scorsi. Questa emergenza dura almeno da dieci  anni, ed è documentata in dettaglio da dieci anni, da quando Ossigeno ha cominciato a portare questi fatti in piena luce invitando tutti a parlarne, a denunciare i fatti, a fare proposte. Eravamo davvero pochi a parlarne. Ormai, per nostra fortuna non c’è solo Ossigeno a parlare di queste cose, a illustrare i fatti con iniziative e proposte, a dare visibilità ai minacciati, le organizzazioni dei giornalisti si costituiscono parte civile nei processi, sollecitano attivamente il mondo politico e le forze dell’ordine…

Tutto ciò è molto importante. Dice che il lavoro fatto non è stato inutile. Ma adesso bisogna fare un passo avanti, per passare dalle parole ai fatti. La prima cosa da fare, nell’attesa che si adottino le più adeguate misure, è questa: creare reti di solidarietà più robuste in grado di aiutare concretamente a resistere chi subisce abusi e violenze ingiustificabili e non può difendersi come le sole sue forze. Ciò richiede una grande sinergia fra le forze in campo. Richiede anche che i giornalisti facciano la loro parte, diano il buon esempio. Innanzitutto combattendo il luogo comune secondo il quale un giornalista minacciato o querelato sicuramente ha fatto qualcosa di sbagliato o “se l’è cercata”. Non è così ma molti giornalisti lo pensano e ciò ci indebolisce. Un’altra cosa che i giornalisti potrebbero fare è questa: fornire come cronisti, come redattori dei giornali, come direttori delle varie testate, una informazione più ampia, più completa e continuativa sulle minacce che colpiscono i loro colleghi e impediscono ai cittadini di conoscere tutti i fatti di pubblico interesse. Credo che darebbero un grande contributo agli sforzi che facciamo per sensibilizzare le coscienze se inoltre se queste notizie, le poche volte che vengono pubblicate, fossero contestualizzate come si fa per ogni altra notizia, ad esempio quando si parla di uno stupro e si dice sempre se e quanti altri ce ne sono stati nella stessa zona, nell’ultimo mese nell’ultimo anno. Questo sarebbe utile, oltre che doveroso. Ma si fa poche volte. Ed io mi chiedo se oltre ad essere un errore dal punto di vista professionale sia anche una violazione deontologica. Onestamente non lo so. Vorrei che ci riflettessimo insieme, ragionando fra chi la pensa come me e chi invece pensa l’opposto. So che anche il presidente dell’Ordine, Carlo Verna, ha soffermato il pensiero su queste cose. Spero che ci sia l’occasione di discuterne pubblicamente e di offrire elementi utili per orientarsi.

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