Cento giornalisti italiani — donne e uomini che ogni giorno lavorano per raccontare la realtà, nonostante tutto — hanno firmato un appello indirizzato al ministro degli Esteri Antonio Tajani. La richiesta è semplice, e insieme profondamente simbolica: consentire a Fatena Mohanna, 25 anni, e Alhassan Selmi, 32, due giovani reporter palestinesi bloccati nella Striscia di Gaza, di raggiungere Roma per ritirare il Premio Colombe d’Oro per la Pace, a loro concesso per la coraggiosa attività di racconto e documentazione della vita quotidiana a Gaza.
L’iniziativa nasce dall’Archivio Disarmo. Quest’anno, le “colombe” sono tre: Fatena, Alhassan e Aya Ashour, 24 anni, che già si trova in Italia, dove collabora con Il Fatto Quotidiano. Ma per i suoi due colleghi la situazione è molto diversa. Vivono intrappolati in una Striscia devastata, dove non solo mancano elettricità e acqua, ma anche la libertà più elementare: quella di muoversi.
Ottenere un visto in un contesto come quello di Gaza è un’impresa quasi impossibile. Le autorità israeliane controllano i valichi e, in una guerra che ha fatto dei giornalisti bersagli tanto simbolici quanto reali, i permessi di uscita vengono concessi col contagocce. È in questo quadro che si inserisce l’appello dei cento giornalisti italiani, che chiedono al governo di “attivarsi con urgenza”, perché la partecipazione di Fatena e Alhassan alla cerimonia del 18 ottobre “non resti un sogno negato”.
“È paradossale – si legge nel testo – che l’Italia voglia onorare il coraggio di chi racconta la guerra, ma poi non garantisca loro il diritto di essere presenti quando quel coraggio viene celebrato.”
Tra i firmatari compaiono nomi di spicco del giornalismo e della cultura: Riccardo Iacona, Giovanna Botteri, Tomaso Montanari, Marco Travaglio, Giuliana Sgrena, e molte altre voci che, da prospettive diverse, riconoscono nell’informazione libera la prima forma di difesa dei diritti umani.
A rilanciare l’appello anche la trasmissione “Presa Diretta”, condotta da Riccardo Iacona, anch’egli firmatario dell’appello (clicka qui per vedere il filmato)
Il significato dell’appello va oltre la vicenda individuale. È un messaggio che parla anche a noi, giornaliste e giornalisti che da anni denunciamo come la libertà di stampa in tempo di guerra non sia solo un principio, ma una linea del fronte.
In meno di due anni, ricordano i promotori, “il numero di operatori dell’informazione colpiti a morte dalle armi israeliane si conta ormai a decine”. Il giubbotto blu con la scritta PRESS — simbolo universale di protezione — non basta più a salvare vite.
Eppure, Fatena e Alhassan continuano a raccontare. Con connessioni intermittenti, con la paura costante, ma con la stessa determinazione di chi crede che le parole, anche tra le macerie, possano ancora fare luce. Per questo la loro presenza a Roma avrebbe un valore che va ben oltre la cerimonia: rappresenterebbe un atto di riconoscimento, un gesto politico e umano insieme.
Il Forum delle Giornaliste del Mediterraneo si unisce a questa richiesta. Non solo per solidarietà, ma per coerenza: perché la libertà di raccontare il mondo non può essere selettiva, né condizionata da confini o embarghi.
Invitiamo quindi a usare la diplomazia italiana — quella che si dice “amica della pace” — per facilitare la partenza dei due reporter da Gaza.
Portarli a Roma significherebbe non soltanto premiare il loro coraggio, ma anche riaffermare un principio che dovrebbe essere scontato: che il giornalismo, quando è onesto e necessario, non deve restare intrappolato dietro i muri della guerra.