Per l’ottavo anno il Dipartimento di Formazione Psicologia e Comunicazione di UNIBA ospita l’evento internazionale
di Stefania De Cristofaro
Per l’ottavo anno consecutivo il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione (For.Psi.Com) dell’Università Aldo Moro di Bari sosterrà il Forum delle Giornaliste del Mediterraneo. E per l’edizione 2023 supporterà la comunicazione dell’evento sui canali social attraverso il riconoscimento di un tirocinio a un gruppo di studenti della Facoltà di Scienze della Comunicazione.
“È un matrimonio intellettuale quello con il Forum, ideato da Marilù Mastrogiovanni che lavora con noi da tanti anni e adesso sta svolgendo un lavoro di dottorato di ricerca in Scienze umane che fa riferimento al nostro dipartimento”, spiega il professore Filippo Silvestri, Professore associato di Filosofia del Linguaggio e Semiotica all’Ateneo di Bari. Lo abbiamo intervistato a pochi giorni dall’inizio delle giornate del Forum anche per affrontare alcune tematiche legate alla comunicazione e ai social.
“È un matrimonio di cui siamo molto contenti e orgogliosi perché il Forum ha uno spettro di azione e un respiro importanti essendo aperto al bacino Mediterraneo. È una delle occasione più belle di collaborazione e riflessione su temi di attualità: è il nostro fiore all’occhiello ed è per questo che il nostro supporto è in primo luogo di tipo logistico”, prosegue.
“Mettiamo a disposizione del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo le aule del Dipartimento For.Psi.Com per i panel. Al Dipartimento fanno capo sette corsi divisi quasi equamente tra indirizzi pedagogici, psicologici ed ambiti più strettamente legati a studi dedicati alle scienze della comunicazione. Non solo. È anche un momento di formazione per i nostri studenti e durante le giornate del Forum ci saranno molti interventi di nostri docenti”, va avanti. “Quest’anno, inoltre, alcuni dei nostri studenti in Scienze della Comunicazione svolgeranno un tirocinio e cureranno le pagine sociale del Forum”, aggiunge. Il corso di studi in Scienze della Comunicazione che afferisce al dipartimento For.psi.com. ogni anno conta 240 immatricolazioni.
Una comunicazione digitale e social efficace è in grado di spostare i risultati elettorali e l’opinione pubblica internazionale su questioni cruciali?
“A mio avviso, avviene relativamente perché chi arriva sui social ha già le idee molto chiare rispetto a quelle che sono le sue posizioni politiche, come per esempio nel caso del conflitto israelo-palestinese. Credo che la formazione politica delle persone si realizzi prima di entrare nel mondo social: qui è possibile radicalizzare le posizione. La televisione resta ancora molto determinante, in particolare i telegiornali, le trasmissioni di approfondimento, da destra a sinistra. I social, poi, le riflettono.
I social però possono nascondere delle trappole ed è possibile inciampare nelle fake news.
“Sì, si incappa nelle fake news ma secondo me c’è un buon sistema di debunking, nel senso che, a ben vedere, le fake news hanno le gambe corte e vita breve. Uno può sostenere per cinque, venti minuti, che il missile sull’ospedale di Gaza sia stato lanciato da Tizio, ma alla lunga, viene fuori che è stato Caio. Non credo che le fake news devino davvero il mainstream delle posizioni e la pandemia da Covid-19 lo ha dimostrato.
Quali compiti deve avere l’Accademica nel formare professionisti della comunicazione responsabili ed eticamente solidi?
“La questione è quanto mai attuale ed è al centro del dibattito della formazione dei giornalisti. Ci si sta orientando verso la professionalizzazione del ruolo del giornalista, nel senso che ci saranno delle lauree magistrali che bisognerà frequentare per accedere alla professione. Durante il percorso magistrale, si affronterà il problema della formazione dei giornalisti dal punto di vista etico: questo è il ruolo che deve avere l’università.
Fino ad oggi i master in giornalismo hanno formato i giornalisti e i giornali sono i veri luoghi di formazione dei giornalisti, perché la professione non si impara se non praticandola nelle redazioni con ottimi maestri/maestre”.
Quanto è importante la collaborazione tra il mondo accademico e quello dell’impresa per lo sviluppo di un territorio?
“E’ fondamentale questo tipo di collaborazione e credo lo sia diventata ancora di più negli ultimi 15 anni. Basti pensare, solo per fare un esempio, alle università venete, lombarde ed emiliane: hanno una capacità, una forza e una potenza organizzativa e amministrativa legata strettamente al fatto che sono riuscite a stabilire una vera collaborazione con le imprese del territorio. Collaborazione che dà agli atenei forza economica, finanziaria, politica, cosa che in altre realtà territoriali ancora non avviene, per lo meno in forma organizzata e strutturata tipica di alcune regioni del nord.
Il gap è fondamentalmente dovuto a un difetto di comunicazione tra i due mondi, quello imprenditoriale e quello universitario e a una mancata maturità nello stabilire i rapporti. Bisogna poi considerare i singoli territori: se in Puglia, ad esempio, ci sono imprese all’avanguardia, ma non c’è un corrispettivo universitario in termini di corsi di laurea, la collaborazione è impossibile”.
L’università di Bari, negli ultimi anni, ha aperto al territorio e alle realtà imprenditoriali: cosa manca rispetto all’interlocuzione con i privati avviata dagli atenei del nord?
“Sì, le aperture ci sono. Non c’è una chiusura. Il problema è che non c’è ancora un vero e proprio matrimonio economico-finanziario a largo spettro, almeno a quanto mi risulta. Oggi manca ancora un sostegno sostanziale da parte delle imprese in termini di supporto economico e finanziario alle ricerche e questo un po’ in tutte le università pugliesi. Certamente sono in atto molti e diversi tirocini e stage presso le aziende, ma questo legame non corrisponde ancora un vero e proprio investimento da entrambe le parti che si traduca in un vera sinergia economico-finanziaria. Per fare un esempio virtuoso che ci riguarda più da vicino come corso di laurea in Scienze della comunicazione e come dipartimento For.psi.com. il Corecom chiede da anni a noi una collaborazione costante e sostiene economicamente e finanziariamente le ricerche che noi così svolgiamo”.