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La giornalista Abu Akleh fu assassinata da un cecchino israeliano

L’11 maggio 2022, Shireen Abu Akleh, giornalista palestinese-americana di Al Jazeera, veniva uccisa da un colpo alla testa mentre documentava un’operazione militare israeliana a Jenin, in Cisgiordania. La “voce della Palestina”, così veniva chiamata, indossava un giubbotto antiproiettile con la scritta “PRESS” ben visibile.

A distanza di tre anni, nuove indagini e testimonianze rafforzano l’ipotesi che sia stata deliberatamente presa di mira da un cecchino israeliano. Un documentario statunitense intitolato “Who Killed Shireen?”, prodotto da Zeteo, identifica un soldato dell’unità d’élite Duvdevan come presunto responsabile della sua morte. Un soldato, secondo il documentario, successivamente promosso e poi deceduto nel 2024.

Un’indagine congiunta di Forensic Architecture e Al-Haq ha analizzato l’angolo di tiro e la traiettoria del proiettile, concludendo che il cecchino aveva una visuale chiara dei giornalisti e che non vi erano scontri armati nelle immediate vicinanze al momento dell’attacco. Il rapporto evidenzia che il cecchino ha sparato più volte, anche verso chi cercava di soccorrere Abu Akleh.

Alle indagini, si sono uniti il New York Times e le Nazioni Unite, che entrambi hanno trovato evidenze di come i colpi che hanno ucciso Abu Akleh e ferito il suo collega Ali Sammoudi siano stati sparati dalle forze di sicurezza israeliane e non da fuoco indiscriminato di palestinesi armati.

Nonostante queste evidenze, secondo le conclusioni finali dell’indagine condotta dall’IDF (Forze di Difesa Israeliane), non è possibile determinare in modo inequivocabile l’origine del colpo che ha ucciso Shireen Abu Akleh; esiste una “alta probabilità” che la giornalista sia stata colpita accidentalmente da fuoco israeliano ma viene anche toccata l’ipotesi che il proiettile possa provenire da militanti palestinesi presenti nell’area.

Il funerale della giornalista a Gerusalemme fu segnato da gravi violenze della polizia israeliana, suscitando indignazione internazionale. Il fratello Antony denuncia l’assenza di un’inchiesta imparziale da parte israeliana e ripone speranza nell’indagine statunitense. Shireen è ricordata come una donna di fede, amata dal popolo palestinese e dalla sua famiglia.

La famiglia di Abu Akleh e organizzazioni per i diritti umani continuano a chiedere giustizia e responsabilità per la sua morte e ha annunciato l’intenzione di portare il caso davanti alla Corte Penale Internazionale.

La tragica morte di Shireen Abu Akleh rimane un simbolo delle sfide e dei pericoli affrontati dai giornalisti che operano in zone di conflitto, e solleva importanti questioni sulla protezione della stampa e sulla responsabilità delle forze armate nelle operazioni militari.

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Valentina Isernia