L’ecosistema dell’informazione in Italia attraversa uno dei suoi momenti più delicati.
Come dimostra anche il clamoroso attentato a Sigfrido Ranucci di Report, le minacce ai cronisti non sono più dei fenomeni marginali o episodici. Nel corso del 2025 si è registrata un’escalation preoccupante che si è allargata alla periferia dell’informazione, con effetti che colpiscono in modo particolare le giornaliste, i freelance, e tutti quei soggetti più vulnerabili, talvolta lasciati soli nel far valere il proprio diritto-dovere a raccontare dei fatti di pubblico interesse.
I dati di Ossigeno per l’Informazione
Nel primo semestre del 2025, l’osservatorio dell’Associazione nazionale “Ossigeno per l’informazione” ha censito 361 giornalisti minacciati, contro i 203 dello stesso periodo del 2024: un incremento del 78%.
Di queste intimidazioni, 107 sono state classificate come deliberate violazioni della libertà di informazione, in crescita del 46% rispetto alle 73 registrate nel primo semestre del 2024.
Il dato assume contorni ancora più concreti se tradotto in altri termini: OGNI GIORNO, due giornalisti in media subiscono minacce o intimidazioni legate al loro lavoro.
Le regioni più colpite sono Lombardia, Lazio e Sicilia, sia in valore assoluto sia per intensità della pressione intimidatoria. L’Abruzzo, pur rappresentando solo il 3% del totale, si distingue per un incremento significativo in rapporto alla popolazione giornalistica locale.
Chi minaccia, come e perché
L’analisi delle fonti delle intimidazioni disegna un quadro inquietante: il 39% delle minacce proviene da esponenti politici o istituzionali, un dato in netto aumento rispetto al 29% del 2024.
Oltre la metà di questi attacchi, perlopiù da parte di sindaci, amministratori locali o regionali, si traduce in querele intimidatorie e pretestuose, insulti online o minacce sui social. In un terzo dei casi, le intimidazioni assumono la forma di querele strumentali, le così dette SLAPP. Si tratta delle “Strategic Lawsuits Against Public Participation” (cause legali strategiche contro la partecipazione pubblica), acronimo che in lingua inglese suona come “slap”, cioè schiaffo. E l’idea del querelante è esattemente questa: un atto di violenza contro il o la giornalista, per metterla a tacere, per intimidirla con la minaccia di risarcimenti milionari, le spese legali per lunghe cause civili (o penali).
Seguono le minacce da cittadini singoli (33%), attacchi da fonti sconosciute (12%) e intimidazioni di origine imprenditoriale, criminale o mediatica (complessivamente circa il 15%).
Tra le modalità più diffuse figurano avvertimenti, insulti, striscioni, scritte sui muri e minacce sui social (in un caso celebre, anche l’affissione di manifesti minacciosi a spese dell’Amministrazione comunale — strategie che creano una pressione psicologica costante e condizionano l’azione dei giornalisti.
Le aggressioni fisiche segnano un balzo preoccupante: dal 3% del 2024 al 13% nel 2025.
A completare il quadro negativo, emerge la tendenza alla non denuncia: l’81% delle vittime, di fronte a minacce o violenze, sceglie di non rivolgersi all’autorità giudiziaria, contro il 50% dei casi del 2024. Questo silenzio alimenta l’impunità e lascia i cronisti ancora più esposti.
Le iniziative in campo: pronto soccorso legale e proposte di tutela
Al convegno nazionale promosso da Ossigeno per l’informazione, con il sostegno dell’Ordine dei Giornalisti, è emersa una proposta concreta: istituire un Pronto Soccorso legale gratuito per i giornalisti vittime di querele pretestuose che non dispongono del supporto di un editore.
Dal 2015 a oggi, lo Sportello di assistenza legale di Ossigeno ha affrontato in giudizio oltre cento casi, con un tasso di successo del 98%. La proposta prevede un supporto nelle fasi iniziali e un protocollo per la copertura delle spese in caso di esito favorevole.
Parallelamente cresce la pressione sul Parlamento per l’introduzione definitiva di una norma anti-SLAPP, già al centro di più legislature. Secondo i promotori del convegno, la solidarietà istituzionale deve tradursi in atti concreti, non restare soltanto uno slogan.
Donne giornaliste: minacce amplificate da un doppio stigma
Il rapporto Ossigeno attribuisce alle giornaliste il 26% delle vittime nel semestre, in leggero aumento rispetto al 23% del 2024.
Tuttavia, le minacce di genere — ossia gli attacchi motivati anche dal fatto di essere donna — restano allarmanti: nel primo semestre 2025 rappresentano il 18% del totale, in calo rispetto al 36% del semestre precedente, ma ancora indicativo di un clima ostile.
Le giornaliste spesso non denunciano questi attacchi, per timore di isolamento, scoraggiamento o ripercussioni personali e professionali. Si combinano così insulti sessisti, minacce alla reputazione e intimidazioni psicologiche che producono una pressione multilivello difficile da sostenere.
L’informazione italiana è sotto tiro, e le giornaliste pagano un tributo ulteriore — non solo per ciò che scrivono, ma per chi sono. Se non si interviene con strumenti effettivi di protezione, giustizia e supporto, il rischio è di lasciare spazio al silenzio, all’autocensura e al soffocamento del diritto a informare.
